Dopo tanto girovagare, una bottega

“Giovanni Negro è l’arrotino più vecchio di Firenze. Il mestiere lo ha imparato da suo padre in Friuli. Sin da ragazzo andava in giro con lui, per le campagne, ad arrotare coltelli ed arnesi da taglio. La sua bottega, al n. 15 di via dell’Angolo, è sempre la stessa dal 1959. Alle pareti,oltre agli scaffali per riporre i coltelli appena affilati, c’è una cornice di legno, con tanti ganci, dove vengono sistemate le forbici da riconsegnare. Ancora le vecchie massaie del quartiere lo ricordano quando, prima di mettere su bottega, andava in giro per le strade della città con la bicicletta ad affilare i coltelli degli occasionali clienti.”

Questa breve testimonianza, tratta da un’intervista a Giovanni Negro Tonda (1924 – 1992) pubblicata sul quotidiano “La Nazione” di Firenze a firma di Caterina Cantoni, riassume in sé le molte storie degli arrotini di quel periodo. La stessa spiega quanto fu difficile per gli arrotini resiani aprire bottega nelle città italiane.

Nel secondo dopoguerra, infatti, dopo tanto girovagare per le varie regioni della penisola, molti arrotini si fermarono stabilmente in un luogo e dopo avervi trasferito la propria famiglia aprirono laboratori attrezzati con motori a trazione elettrica che migliorarono l’arrotatura.

Alcuni ampliarono l’attività con la vendita di articoli da taglio. Fu in questo modo che, di fatto, abbandonarono la temporaneità del mestiere per stabilizzare definitivamente l’attività in bottega non essendoci più la necessità di recarsi periodicamente a Resia per le attività rurali e per i legami familiari. Gli arrotini e le loro famiglie, ma più in generale coloro che per necessità o scelta lasciarono la Val Resia, da quel momento e tuttora rientrano in valle solo per brevi periodi di ferie e villeggiatura.