Le più antiche macchine degli arrotini della Val Resia chiamate krösme, giunte fino noi, sono simili, nella loro struttura base, alle krame o krašnje (cassettiera lignea a scomparti e munita di spallaci per il trasporto delle merci) utilizzate dai kromarji ma opportunamente modificate, per l’arrotatura, con meccanismi che muovevano piccole mole abrasive. Queste attrezzature, che potevano essere trasportate anche a spalla, erano realizzate completamente in legno con pochissime parti metalliche. La meccanica era molto semplice. In ferro erano i due alberi (perni): uno per la mola abrasiva e la puleggia condotta e l’altro per la puleggia motrice.
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Le antiche attrezzature e gli altri mestieri
Il pedale trasmetteva il movimento alla puleggia motrice che a sua volta lo passava, mediante una cinghia, alla puleggia condotta e quindi solidalmente alla mola. Le krösme a spalla, mediamente, avevano le seguenti misure: 80 cm di lunghezza, 25 cm di larghezza e 100 cm di altezza ed un peso di circa 15 Kg, vuote.
Sula lato opposto della puleggia motrice era inchiodata un’asticella verticale di legno sulla cui sommità era fissato un serbatoio che lasciava cadere l’acqua sulla mola per inumidirla e nel contempo raffreddare l’oggetto sottoposto all’arrotatura.
L’interno, assicurato da una portella chiudibile, era sfruttato per gli oggetti personali e gli utensili.
Numerosi arrotini resiani, come ben documentato anche dal terzo censimento del Regno d’Italia del 1881, oltre ad affilare, ad esempio, coltelli, forbici e rasoi effettuavano anche altri lavori. Operavano come artigiani ambulanti per la stagnatura e accomodatura dei recipienti di rame, la riparazione di ombrelli, di pignatte e di vetri.
Lo stagnino – lattoniere usava perlopiù stagno per ricoprire con un leggero strato la superficie dei recipienti in rame. Questo procedimento serviva ad evitare l’ossidazione alla quale questi metalli sonno soggetti quando vengono a contatto con l’aria.
La procedura doveva essere ripetuta ogni qualvolta la pellicola di stagno cominciava ad assottigliarsi ed il metallo ad ossidarsi. All’ombrellaio era affidato il compito di riparare gli ombrelli danneggiati ai quali si sostituiva le parti metalliche rotte e cuciva la tela che li rivestiva. Anche le pignatte, che un tempo venivano realizzate con la terracotta e venivano utilizzate perlopiù accanto al fuoco vivo per la cottura dei cibi, erano soggette a incrinarsi e di conseguenza a rompersi facilmente. Per evitare che si rovinassero, l’aggiusta pignatte, le legava con un abile intreccio realizzato con il filo di ferro che esternamente le fasciava completamente. Anche i piatti e le terrine venivano sistemati, in caso di incrinatura, con il filo di ferro.
Un’altra attività praticata dai resiani era quella del vetraio ambulante, cioè di colui che sostituisce i vetri rotti delle finestre. Il vetraio ambulante, con appresso lastre di vetro di ogni misura, girovagava per i paesi alla ricerca di finestre da realizzare o da aggiustare.